I gatti dell’antico Egitto: da cacciatori a divinità

Una delle caratteristiche principali della religione dell’antico Egitto è, senz’altro, la grande venerazione che gli abitanti della valle del Nilo avevano per gli animali. Fra tutti, spicca sicuramente il culto dei gatti, che da aiuto nella caccia ai topi divennero gradualmente delle divinità.

In una proprietà ci sono 7 case.

In ogni casa ci sono 7 gatti.

Ogni gatto acchiappa 7 topi.

Ogni topo mangia 7 spighe.

Ogni spiga dà 7 heqat di grano.

Quante cose ci sono in tutto in questa storia?

(Papiro di Ahmes o di Rhind, 1650 a.C.)

Statue di gatti.
Fonte: www.vitantica.net

Una delle principali fonti di sostentamento del popolo egizio, grazie al controllo delle periodiche inondazioni del Nilo, era sicuramente la coltivazione dei cereali, soprattutto grano ed orzo.

Certo che, immagazzinare tali materie prime causò nell’Egitto predinastico un piccolo problema: un particolare “affollamento” di topi.

Come poterlo risolvere?

La genialità degli antichi Egizi fu tale che riuscirono a sfruttare la natura: si resero conto, infatti, che esisteva un altro animale che spontaneamente cacciava la fonte di tutti i loro problemi: il gatto!

I gatti addomesticati

Studi relativamente recenti dimostrarono che in Egitto c’erano due razze. Il gatto della giungla (Felis chaus) e il gatto selvatico africano (Felis silvestris lybica); fu proprio quest’ultimo che gli abitanti della valle del Nilo riuscirono ad addomesticare nella caccia ai topi. (Per l’articolo originale, andate alla nostra Raccolta Bibliografica, alla sezione “La perseveranza di Salima Ikram e gli studi sulle mummie animali”)

Con il trascorrere degli anni e vivendo quotidianamente assieme a loro, gli Egizi non poterono non subire il fascino di un animale così particolare.

Da gatti cacciatori a divinità

Longilinei nella forma, protettivi, ma indipendenti nello stesso tempo, diventarono degli animali “da salotto” per così dire.

Tutto ciò si riflette anche nelle arti figurative; non è raro infatti trovare rappresentazioni del Medio Regno in cui i gatti venivano rappresentati accanto alle tavole, in genere vicino alle donne, come simbolo di fertilità e sessualità femminile.

I gatti nella famiglia.
Fonte: buongiornoegitto.wordpress.com

Ecco che, piano piano i gatti hanno assunto sempre più un carattere mistico fino ad essere effettivamente divinizzati nel Nuovo Regno.

I gatti dei Faraoni della XVIII dinastia

Non solo, ma alcuni sovrani della XVIII dinastia ebbero una vera e propria predilezione per questi animali.

La gatta seduta sotto il trono della regina Tiy; scena raffigurata sullo schienale della poltrona della principessa Sitamon, figlia di Tiy e di Amenofi III (XVIII din.)
Fonte: Bresciani, Edda, Sulle rive del Nilo, Laterza, Bari, 2000. p. 113.

Conosciuta fra gli studiosi è, per esempio, una raffigurazione della Regina Tiy e della figlia Sitamon, con i loro animali di compagnia: un gatto ed un’oca, che in un dettaglio sembrano anche giocare insieme.

Il primogenito della Regina e del Faraone Amenhotep III, la cui vita è poco conosciuta (perché non sopravvisse al padre!), era il principe ereditario Thutmose.

Curiosamente, si conoscono i suoi titoli perché riportati in un piccolo sarcofago, rinvenuto nella necropoli di Menfi.

Conteneva la sua gatta Myt seppellita, su ordine del principe, con le tradizionali onoranze funebri. All’interno del sarcofago, oltre alla mummia della gatta, è stata trovata anche una statuetta ushabti che la raffigurava, come aiuto nell’aldilà.

Sarcofago gatta Myt.
Fonte: archeoblondie.wordpress.com

Il culto dei gatti

Non solo gioielli e amuleti raffiguravano dei gatti, ma addirittura una divinità iniziò ad assumere tale sembianza.

La dea Bastet, infatti, da forma leonina, divinità guerriera simile a Sekhmet, perse gradualmente la sua aggressività per divenire dea della famiglia, delle donne, dei bambini ed iniziò ad essere rappresentata proprio come una gatta.

Impossibile non citare a questo punto una delle importanti raffigurazioni che decoravano le pitture parietali funebri del Nuovo Regno.

Il Grande Gatto di Eliopoli e il serpente Apopi.
Fonte: www.catbook.it

Si tratta del Capitolo 17 del Libro dei Morti, in cui compare un grande gatto intento a tagliare la testa ad un serpente.

La leggenda vuole che ogni notte, ciclicamente, avvenisse una divina battaglia fra il dio Ra, rappresentato nella forma del Grande Gatto di Eliopoli, e il demone del caos Apopi, il serpente.

Considerati sacri a Bastet, i gatti vennero mummificati e sorsero in tutto l’Egitto una serie di necropoli a loro dedicate; fra tutte, ricordiamo il Bubasteion a Saqqara, in cui oltre a mummie di gatti, recentemente sono stati trovati anche dei leoni.

Mummie di gatto.
Fonte: www.vitantica.net

Bubasti

Il culto dei gatti ebbe il suo culmine durante la XXII dinastia e precisamente sotto il regno del Faraone Sheshonq I.

Il sovrano rese la città Par-Bastet (Bubasti, sul Delta del Nilo), il centro del culto della dea Bastet.

Oggi purtroppo restano solo poche vestigia, tuttavia sembra che al tempo, al centro della città, sorgesse un tempio enorme di circa 180 m di lunghezza e, a poca distanza da esso, una grande necropoli di gatti sacri mummificati. (Se volete leggere l’articolo originale in cui si trova una riproduzione in 3D del tempio di Bubasti, andate alla nostra Raccolta Bibliografica, alla nuova sezione “Bastet – Elogio del Gatto”).

Molte erano le persone che raggiungevano ogni anno la città, dove periodicamente si svolgevano festeggiamenti che prevedevano processioni di barche sacre, durante le quali venivano venduti statuette ed amuleti.

Anche oggi, ed anche nel mondo europeo, i gatti fanno parte della famiglia.

Ovviamente, hanno perso quel particolare carattere divino, ma continuano ancora a rallegrare le nostre vite.

E, probabilmente, lo faranno per sempre!

Gli amici gatti della “redazione” di Egittolizzando!

Fonti

Elena Cappannella

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