Non solo sport: come gli Egizi passavano il tempo libero

Nell’antichità diversi erano i modi per trascorrere il tempo libero lontani dalle ore lavorative. Tra gli antichi Egizi, in particolare, diffuse erano gare di lotta o di caccia e pesca che diventeranno poi dei veri e propri sport. Ma non solo. Nell’antico Egitto, infatti, erano diffusi giochi da tavolo come il Senet o il Mehen, giochi con la palla e tanto, ma tanto altro.

I giochi con la palla.
Fonte: Bresciani, E. (2000). Sulle rive del Nilo

Quando si parla d’antico Egitto si ricorda sempre l’importanza che questo popolo dava alla costruzione delle loro tombe e alla vita dopo la morte.

Ogni aspetto della vita era un percorso verso l’aldilà.

Eppure, diverse iscrizioni chiariscono come gli Egizi conoscessero diversi modi piacevoli per passare il tempo quando non erano impegnati a lavoro.

Diffuse erano la lotta, le gare di corsa, il nuoto nonché la caccia e la pesca. Tutte attività che, dato il rilevante interesse che il popolo del Nilo dava all’attività fisica, diventarono dei veri e propri sport.

Soprattutto per i nobili, però, uno dei passatempi più comuni era senz’altro il banchetto, un momento di convivialità in cui le cene erano rallegrate, oltre che dagli invitati, anche da maghi, acrobati, musicisti e ballerini.

In occasioni più quotidiane, però, i giovani egizi si divertivano con giochi molto simili ai nostri.

Giochi di agilità ed equilibrio, girotondi velocissimi, il gioco del capretto o quello della stella.

Il gioco della stella.
Fonte: ilmondodiaura.altervista.org

Se il primo consisteva nel saltare degli ostacoli, costituiti da due compagni seduti a terra, e che avevano il compito di mettere in difficoltà il “capretto” cercando di farlo cadere, il “gioco della stella” veniva eseguito da due fanciulle che, facendo leva sui piedi, effettuavano un movimento di rotazione intorno al corpo di due giovani uomini, che le sostenevano per i polsi.

Nella tomba di Roti a Beni-Hassan Ippolito Rossellini trovò la raffigurazione di un altro gioco, conosciuto anche ai giorni nostri.

I nostri nonni, infatti, raccontavano che lo si praticava in caserma:

lo schiaffo del soldato, dove un uomo sta piegato a terra, carponi, e due o più suoi compagni lo percuotono senza che lui li veda; se indovina chi è stato a colpirlo, quest’ultimo prende il suo posto.

Alcune delle palle usate nei giochi.
Fonte: ilmondodiaura.altervista.org

Ragazzi e ragazze, poi, si divertivano anche con la palla, di legno o d’argilla, ma anche di fayence. Soprattutto però, erano di fibre di papiro o di palma.

Tutte, comunque, avevano un diametro di circa 10 cm.

Anche i bambini più piccoli, esattamente come ai giorni nostri, avevano i loro giocattoli. Che siano sonagli colorati, bambole di stracci o astragali.

Questi ultimi, vera espressione della fanciullezza, erano bastoncini che venivano gettati in aria.

I punti di gioco derivavano dalla posizione delle facce dei bastoncini dopo il lancio; un punto per ogni astragalo concavo.

Tra i giocattoli sono arrivati fino a noi animali da trascinare con una corda, coccodrilli di legno dalle mascelle mobili o l’uomo alla macina che si muove anch’esso con l’aiuto di una corda.

Amatissimi fra i sovrani, ma anche fra la gente comune, erano i giochi da tavolo.

C’era il Gioco del Serpente o Mehen, chiamato così perché si giocava su una tavola rotonda, che rappresentava un serpente arrotolato su sé stesso. Dal diametro di circa 30 cm, il corpo era suddiviso in caselle, con la testa al centro.

I giocatori si servivano di pedine a forma di leoni sdraiati costruiti con ossa di animali, con cui probabilmente avrebbero dovuto percorrere le caselle del serpente.

Non se ne conoscono le regole, ma sembra che, nel gioco, il serpente “catturava” i leoni rappresentati dalle pedine.

Un altro passatempo molto diffuso era il Gioco del Cane e dello Sciacallo.

Conosciuto anche come “Gioco dei Trenta Punti”, i giocatori usavano un piccolo tavolo di legno posto su quattro zampe di animale sul quale, su due file, erano presenti appunto trenta fori simmetrici.

Su questi ultimi si mettevano dei bastoncini appuntiti di avorio, osso o bronzo decorati alle estremità con teste di sciacallo e cane.

Da qui il nome.

Come per gli altri giochi da tavolo le regole purtroppo non si sono tramandate, ma si ipotizza che ogni giocatore muovesse i propri pezzi lungo uno dei due lati del percorso.

Il raggiungimento di determinati punti, evidenziati da un bordo colorato o collegati fra di loro da linee, portava a situazioni particolari.

Si potevano guadagnare o perdere turni di gioco oppure avanzare o retrocedere lungo i collegamenti, come un moderno Gioco dell’Oca.

Il passatempo probabilmente più diffuso, un vero e proprio gioco nazionale, era il Senet, una specie di dama che si giocava in due su di una scacchiera rettangolare di 30 caselle quadrate disposte su tre file parallele.

Ogni giocatore aveva a disposizione una serie di pedine, uguali tra loro, che muoveva lungo le caselle della scacchiera.

Sottili bastoncini assumevano la funzione di dadi ed il giocatore muoveva le proprie pedine in accordo al risultato ottenuto dal lancio di questi ultimi.

Sembra verosimile che lo scopo del gioco fosse quello di percorrere, con tutte le pedine, l’intera scacchiera e, allo stesso tempo, evitare alcune caselle considerate infauste, le quali erano contrassegnate da particolari segni geroglifici.

Quella egizia, come ogni civiltà antica e moderna, ha i suoi usi e costumi. Sugli antichi Egizi, sicuramente il culto funerario e religioso è l’argomento più inusuale e particolare; eppure nella loro vita non c’era solo la “celebrazione” dell’aldilà, ma anche la voglia di godersi la vita e rendere il proprio tempo sulla terra degno di essere vissuto.

Uno dei modi in cui hanno perseguito questo obiettivo è familiare a chiunque ai giorni nostri: attraverso lo sport e i giochi, alcuni dei quali anche noti in qualche modo anche a noi.


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Fonti

Elena Cappannella

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