Le Api e lo spirito dell’alveare

“Il dio Ra pianse e le sue lacrime caddero sul terreno tramutandosi in api che cominciarono subito a costruire una loro sede e a lavorare sui fiori di ogni genere e su tutte le piante del regno vegetale: allora comparve la cera e fu creato il miele dalle lacrime del dio Ra”. (Cit.)

Copertina del libro. Fonte: mondadoristore.it

Questa è una delle citazioni che troviamo in una delle ultime fatiche di Pierangelo MengoliGli egizi e le api”. Edito da Kemet (2022), il tema principale di questo saggio direi che è assolutamente chiaro e già esplicitato nel titolo. L’autore è riuscito in questa opera a unire la propria attività di egittologo con una delle sue più grandi passioni, l’apicoltura. Questa sua passione lo ha indotto a occuparsi di questo argomento, curandone non solo l’aspetto storico-archeologico ma anche quello sperimentale.

Un saggio scritto in maniera diretta ed efficacie che si rivolge ad un ampio pubblico e che si lascia leggere quasi tutto d’un fiato. Attraverso i vari capitoli, arricchiti da fotografie, immagini e reperti storici, la storia dell’apicoltura nell’antico Egitto prende forma arricchendosi man mano di nozioni e aneddoti, particolarità e curiosità che sono in grado di affascinare esperti e neofiti.

Il libro procede cercando e riuscendo ad armonizzare numerose informazioni, sia tecnico-specifiche legate al mondo dell’apicoltura e che servono per spiegarci in che modo si riuscì a passare da una semplice attività di raccolta ad una tecnica di allevamento e produzione. Ma a questi aspetti l’autore riesce ad armonizzare altri fattori socioculturali legati alle api e ai loro prodotti presso gli antichi egizi. Infatti, i primi veri e propri documenti relativi ai prodotti ottenuti da questi insetti e ai loro utilizzi provengono da alcuni dipinti murali presenti nel tempio solare di Niuserra (V dinastia, ~ 2500 a.C.).

Non sembra affatto un caso che una forma di organizzazione così particolare come quella che ritroviamo nello “Spirito dell’alveare” sia diventato un simbolismo così forte e così calzante da essere ripreso come fonte di ispirazione per la società egizia di allora. L’autore ci spiega che seppur “l’ape non fu mai considerata l’ipostasi divina come avvenne per molte altre specie animali, e non ebbe né celebrazioni specifiche né riti particolari, tutto ci documenta il forte legame che gli egizi ebbero con questo insetto”. Per l’antico popolo del Nilo, l’ape rappresentò da subito le regalità, rievocando in particolare la figura del Re del Delta.

È anche per questi motivi che la figura dell’ape si ritrova in molto miti: da Osiride ai più antichi miti solari, come riportato nel celeberrimo papiro Salt. Si legge come dalle lacrime del dio Ra sarebbero nati questi insetti che subito si resero utili come forze fecondatrici della natura. Ovviamente anche i loro prodotti venivano considerati di origine divina e così il miele divenne simbolo della vita così come anche la cera

A questo punto l’autore ci presenta e descrive l’ape nella scrittura e nelle raffigurazioni riportando e descrivendo anche le varie fasi di lavorazione. Ed ecco quindi che l’attenzione si sposta sull’uso dei prodotti primari dell’apicoltura; miele e cera diventano gli argomenti principali di queste pagine. Il miele, “cibo per gli dèi”, era considerato un prodotto molto pregiato, era uno dei doni più importanti tanto da essere concesso dal re ai personaggi più autorevoli del regno. Inoltre, fu usato in ambito cosmetico e medico grazie alle sue moltissime proprietà intrinseche.

Altrettanto importante e pregiato materiale fu la cera. Venne utilizzata in tantissimi ambiti: da quello estetico, alla cosmesi, nella mummificazione e nella celebre “cera perduta”.

Come non menzionare poi l’uso di questi prodotti nelle pratiche religiose e nelle pratiche magiche?

Come sottolinea l’autore “tutto ci documenta il legame che gli antichi uomini egiziani ebbero con le api, questo piccolo e incredibile insetto, il cui interesse andò oltre il suo valore sul piano agronomico e economico. Affascinati dalla sua straordinaria vita comunitaria, essi videro nella perfetta organizzazione dell’alveare la rappresentazione di una comunità ideale, un microcosmo ordinato in cui ciascuno svolge il proprio compito”.

Molti aspetti mi hanno colpito di questo saggio. La capacità di unire elementi così diversi quali gli aspetti tecnici, storici e socioculturali fanno di questo libro un’opera completa e molto approfondita sull’argomento. Senza considerare poi i geroglifici di cui si serve l’autore per sottolineare un concetto o un determinato aspetto, inseriti così nel testo rientrano perfettamente nello stile di Mengoli e che ne rappresentano un unicum molto azzeccato in queste tipologie di opere.

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Claudio Lombardelli

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