A tavola con gli antichi Egizi

Dobbiamo quindi ben guardarci dal considerare gli antichi Egizi come un popolo di necrofili ossessionati dalla morte, dalle mummie e dalle tombe come troppo spesso appaiono a quanti non li conoscono perché, al contrario, essi erano degli autentici gaudenti, attaccati a tutto ciò che di buono e di bello offre la vita e nutrivano una fiducia così smisurata nelle possibilità umane da non dubitare di essere riusciti a colonizzare persino l’Imnt nfrt cioè il “bel paese dell’Occidente”, ovverossia il modo dell’Aldilà.”

Copertina del libro.
Fonte: mondadoristore.it

È questo uno dei passaggi chiave del saggio di Pierangelo MengoliLa cucina nell’Antico Egitto” (edito da Kemet, 2022, 3° Edz.) Un’opera davvero interessante, in grado di condurre il lettore attraverso un viaggio davvero particolare, lungo 3000 anni, alla scoperta di ingredienti, piatti, metodi di cottura e tanto altro. Insomma, un’avventura su uno degli aspetti più buoni e belli della vita quotidiana, ossia il cibo e l’alimentazione. Questi temi sono affrontati analizzando le rappresentazioni nelle tombe, ma anche resti organici e vettovaglie rinvenute nelle stesse. Il tutto armonizzato dall’oggettività e dall’obiettività dell’autore. Il dottor Mengoli, infatti, oltre che un illustre egittologo e astronomo, ha una grande esperienza di nozioni fisico-chimiche che gli consentono di affrontare questi temi in maniera trasversale, come pochi riescono a fare.

E allora ha inizio il nostro viaggio. L’autore ci introduce l’argomento facendoci subito capire come il culto del cibo fosse profondamente radicato nella cultura egizia: cibo per il corpo ma anche cibo per lo spirito. Da qui le grandi offerte che erano destinate ai defunti nell’aldilà. Data la deperibilità di molti alimenti, ben presto si preferì aggiungere rappresentazioni di banchetti e scene di vita quotidiana culinaria. Ed è proprio grazie ai rilievi e alle stele funerarie, oltre che ai resti delle cibarie e delle vettovaglie, che è stato possibile ricostruire anche questo aspetto della vita quotidiana del popolo del Nilo.

Addentrandoci sempre di più nell’argomento, Mengoli ci presenta i generi alimentari disponibili allora, molti dei quali risultano anche ingredienti della moderna cucina egiziana. Ecco, quindi, i “commestibili di origine animale”, quelli di origine vegetale e di origine mineraria. L’autore sottolinea come “la cucina antica non era troppo diversa da quella dell’Egitto odierno, considerando il consumo ordinario di carne bovina e ovina, l’inserimento prima del pollo e, poi del coniglio accanto all’anitra tradizionale e l’uso comune del piccione. È ridottissimo l’utilizzo del maiale mentre è diffusa l’abitudine di mangiare uova. Per quanto riguarda il pesce, quello pescato nel Nilo, nel Fayum e nei canali continua ancor oggi a essere il più consumato.” Accanto a questi prodotti va poi considerata la caccia. Dai grandi ai piccoli selvatici, erano comuni l’orice, la gazzella, la lepre ma anche il riccio e il topo. Fondamentale era, poi, l’uccellagione: struzzi, gru, oche, faraone, quaglie, ecc… senza poi considerare che molti di questi vennero anche allevati. Altro prodotto molto diffuso era il miele, gli antichi egizi sono considerati i primi apicoltori della storia. Molto apprezzata era, infine la bottarga.

Tantissimi sono poi i “commestibili di origine vegetale”. L’autore ci suggerisce che “i prodotti agricoli, gli ortaggi, i vegetali selvatici, le piante oleose, i frutti e le erbe aromatiche” erano e sono molto diffuse in Egitto. Tra i cereali, i più comuni erano il farro e l’orzo; tra gli ortaggi ebbero particolare fortuna le cipolle, gli agli e i porri. Largo spazio ai legumi come fave, lenticchie, piselli, ceci e lupini. Erano sicuramente apprezzate le cucurbitacee come il melone, il cocomero e la zucca. Forse non tutti sanno che anche il papiro era usato in cucina, crudo o cotto (bollito o arrostito). Trovavano largo impiego anche i gigli d’acqua, come la ninfea e il loto rosa. Per quanto concerne gli oli, i più comuni erano quelli di moringa, di balanite e di lino. Dal Nuovo Regno si diffuse anche l’uso dell’olio di sesamo e di ulivo. Tra le classi più povere, invece, il più usato rimase quello di ricino. Discorso particolare quello legato alla frutta. Ovviamente, gli abitanti del Nilo utilizzavano quella che riusciva a crescere in quel determinato clima. Ecco, quindi, le varie tipologie di palme, ma anche fichi, giuggiole, carrube, qualche mela e l’uva. Come poi tralasciare tutto ciò che è dedicato al mondo delle spezie? Coriandolo, cumino, sedano, prezzemolo, finocchio, aneto, rosmarino e cannella per citare le più diffuse. Tra le specie vegetali poi bisogna considerare tutte quelle utilizzate con fini farmaceutici: giusquiamo, belladonna, dulcamara, tra le tante.

Quando, invece, parliamo dei “commestibili di origine minerale”, l’autore ci presenta i Sali, come quelli da cucina. Da ricordare il particolare uso di un diffuso “sale rosso”.

Il viaggio, poi, riprende parlando dei mercati. Allora, come oggi, molti prodotti erano scambiati in negozi, mercati e bazar. In questo modo, si potevano vedere circolare anche prodotti meno usuali.

Tappa molto interessante di questo fantomatico viaggio è poi rappresentata dal capitolo in cui l’autore ci parla delle cucine e dei relativi strumenti. Certo è che attraverso le varie epoche della storia egizia la cucina ha subito notevoli cambiamenti. Eppure, alcuni locali annessi o collegati ad essa sono rimasti gli stressi. Granai, dispense e cantine sono sempre presenti. Interessante è poi anche la carrellata di strumenti, più o meno comuni, utilizzati nelle cucine di allora.

È poi interessanti fermarci a scoprire anche quali tecniche di conservazione utilizzassero gli antichi egizi per il loro cibo. Le testimonianze ci parlano di sistemi a secco molto diffusi (essicazione al sole e salatura) e altri poco noti ma comunque utilizzati (affumicatura). C’erano poi i sistemi in bagno come la salamoia, il sottolio e il sottaceto.

Il nostro viaggia ci porta poi alla scoperta degli alimenti fermentati. I processi fermentativi spontanei erano infatti alla base della produzione di numerosissimi prodotti. Va da sé che l’acquisizione di quelle conoscenze e le ulteriori indagini e studi, ci hanno consentito di sviluppare processi che ancora oggi sono utilizzati per la produzione di tantissimi prodotti, come la birra. Quest’ultima è un esempio di bevanda prodotta attraverso la fermentazione alcolica, ma anche il pane e il vino rientrano in questo processo. Tra i vini, piccola curiosità, si annoverano anche dei liquori ante litteram ottenuto a partire dai fichi. La fermentazione acetica fu impiegata per ottenere aceto, partendo da vini a bassa gradazione alcolica o comunque di scarsa qualità. L’aceto come condimento ebbe la sua fortuna negli ultimi secoli, in epoca greco-romana. Interessante è poi il discorso sulla fermentazione lattica. Spesso, fu l’unico strumento a disposizione degli egizi per la conservazione del latte, quando esso non veniva consumato fresco. I prodotti ottenuti attraverso questo processo furono una sorta di burro chiarificato e salato e una specie di kefir.

A questo punto una domanda sorge spontanea: quali erano le tecniche di cottura impiegate? Ovviamente esistevano ed erano molto diffuse le preparazioni a freddo ma anche quelle a caldo. In questo ultimo caso si potevano utilizzare tecniche dirette o indirette. Le tecniche di cottura dirette prevedevano l’arrostimento allo spiedo, alla piastra o nella cenere. Ci sono testimonianze anche di cotture alla griglia di piccoli uccelli e pesci. Nella cottura indiretta, i protagonisti sono invece tegami, padelle e pentole; di varie fogge e dimensioni.

I capitoli conclusivi sono poi dedicati sulle usanze conviviali… dai pasti canonici ai banchetti più suntuosi. E poi, una sezione conclusiva in cui l’autore ci riporta delle vere e proprie ricette, presumibilmente autentiche.

La cucina nell’Antico Egitto” è un libro che sorprende. Tratta un argomento all’apparenza banale e semplice, ma che, come molti altri aspetti della vita quotidiana, riesce a far capire molto della società egizia. Una società, che, come altre volte ci è capitato di scrivere, non è poi così diversa dalla nostra o perlomeno da quella egiziana attuale. Ci dimostra ancora una volta come molte idee, scoperte e tradizioni comuni e a cui nemmeno pensiamo, provengono da lontano. Un altro ottimo esempio di lungimiranza di questa società. Anche il ricco, puntale e variegato apparato iconografico che si ritrova nel saggio, aiuta nella spiegazione dei concetti e le didascalie diventano parte integrante dell’esposizione. Così come la presentazione dei geroglifici per indicare i vari cibi o le varie tecniche. La chicca, poi, delle ricette finali, storicamente corrette, rappresenta forse un unicum per questo genere di opere. Insomma, ancora una volta, un ottimo consiglio di lettura!

Per altre curiosità sul cibo e sull’alimentazione nell’antico Egitto, andate alla Raccolta Bibliografica, nella sezione Alimentarsi al tempo dei Faraoni, scritta per l’occasione.

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Claudio Lombardelli

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