Il Vino dei Faraoni: “Nefer”, “Nefer Nefer”, “Nefer Nefer Nefer”

Non solo birra si beveva al tempo dei Faraoni. L’élite, infatti, consumava anche vino e diverse sono le scene tombali che ne raffiguravano la produzione. Non solo, ma del corredo funerario facevano parte anche le giare di vino, le cui etichette riportavano, come oggi, la tipologia, l’anno di produzione e la qualità. Quest’ultima era indicata con l’aggettivo “Nefer” se buona, “Nefer Nefer” se molto buona, “Nefer Nefer Nefer” se eccellente. Vi ricorda nulla?

Il vino al tempo degli Egizi.
Fonte: www.hellotaste.it

L’Egitto è il più antico produttore al mondo di birra.

Quello che non tutti sanno però è che, anticamente, nella valle del Nilo si coltivava anche la vite e si producevano diverse tipologie di vino.

I primi reperti individuati sono semi di vitis vinifera risalente al periodo Naqada III, agli albori della civiltà egizia, oggi conservati al Museo dell’Orto Botanico di Berlino.

Se la birra era consumata dalla gente comune, il vino (irep) era invece la bevanda dei nobili e dei Faraoni, spesso usata durante i banchetti.

Gli antichi Egizi producevano sia vini rossi che bianchi ed anche un vino dolce, lo shedeh.

I dipinti delle tombe hanno permesso agli studiosi di ottenere preziose informazioni.

Innanzitutto, il vino era una bevanda sacra offerta, da Regine e Faraoni, alle divinità.

Coltivazione dell’uva e vendemmia.
Fonte: egyptianstreets.com

Soprattutto però i cicli pittorici mostrano le varie tipologie di coltivazione dell’uva, fra le quali la più diffusa era senz’altro quella a pergola.

Per quanto riguarda la produzione del vino invece, una volta che l’uva era matura, i grappoli venivano raccolti nelle ceste per poi iniziare la pigiatura.

In grandi tini, cinque o sei persone che si tenevano ad un bastone per non cadere, pigiavano l’uva con i piedi e il succo d’uva scorreva, attraverso un foro, in vasi di ceramica.

Anche il mosto poi era schiacciato in un contenitore molto grande tra due bastoni, girati da un lato in senso orario e antiorario dall’altro.

A questo punto, in giare aperte, aveva inizio la prima fermentazione.

Trascorsa questa fase, il vino veniva travasato in altre giare chiuse con dei tappi, su cui erano stati praticati dei fori. Questi ultimi permettevano la fuoriuscita dell’anidride carbonica impedendo così alle giare di esplodere. Si attendeva ora la seconda fermentazione.

Terminata quest’ultima fase, i tappi venivano completamente sigillati.

Le giare di vino facevano parte del corredo funerario di nobili e Faraoni e diverse ne sono state ritrovate all’interno delle tombe dagli archeologi. Solo nella tomba di Tutankhamon c’erano ben trenta anfore, le cui etichette non riportavano mai una data posteriore al nono anno di regno del sovrano. Confermando, così, che il Faraone regnò l’Egitto solo per nove anni.

Etichette, sì.

Allora come oggi, infatti, gli Egizi riportavano sulle giare tutta una serie di informazioni, come il nome della tenuta, il tipo di vino, l’annata e la valutazione della qualità.

Sigilli di giara ritrovate a Tell el-Amarna.
Fonte: mnamon.sns.it

Quest’ultima, ben leggibile per esempio in alcune anfore rinvenute ad Amarna (l’antica Akhetaton), era indicata con l’aggettivo Nefer se buona, Nefer Nefer se molto buona, Nefer Nefer Nefer se eccellente.

Vi ricorda nulla?

Per noi di Egittolizzando a Montefiascone è stato impossibile non pensare immediatamente alla nostra leggenda medievale di Defuk e del Servo Martino che, durante il suo lungo viaggio, valutava la qualità del vino con Est! ed Est! Est!!

Finché, giungendo a Montefiascone, scrisse Est! Est!! Est!!!

Fonte

Elena Cappannella

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *