J. F. Champollion: Cronaca di una Spedizione

“La profondità di analisi con cui Champollion affronta l’Egitto faraonico emerge chiaramente dai suoi scritti; dall’osservazione del monumento e del reperto egli passa con estrema agilità a dotte disquisizioni storiografiche sugli eventi che possano aver costituito lo scenario in cui tali strutture ed oggetti hanno avuto vita. In questo sta dunque la preziosità della sua visione […]”.

Copertina del libro. Fonte: kemet-edizioni.com

Questo è uno dei passaggi fondamentali del libro “Champollion in Egitto. Diario di una spedizione scientifica (1828-1829)” edito da Kemet (2020) e scritto dall’autorevole penna di Giacomo Cavillier. L’egittologo e docente presso l’Università del Cairo, nonché Direttore della missione Archeologica Italiana a Luxor e del Centro Studi di Egittologia e Civiltà copta “J. F. Champollion”, presenta ai lettori l’esperienza umana e scientifica di Jean-François Champollion durante la spedizione Franco-Toscana.

Siamo nel 1828 e, dopo la spedizione Napoleonica, se ne sta preparando un’altra costituita da diversi studiosi. Questa volta si parte per l’Egitto con il contributo congiunto di re Carlo X di Francia e il granduca Leopoldo II di Toscana. Direttori di questa impresa scientifica internazionale furono appunto Champollion e il suo giovane collega italiano Francesco Ippolito Baldassarre Rossellini. La novità di questa spedizione rispetto alla prima fu che grazie all’avvenuta interpretazione della scrittura geroglifica si sarebbe potuto studiare, in modo specifico e sistematico, le antichità principali del paese.

L’ équipe francese era composta da diverse figure, tra le quali ricordiamo Charles Lenormant (storico ed archeologo), vari disegnatori (Nestor L’Hote, Alexandre Duchesne, Albert-Henry Bertin, Pierre Francois Lehoux) e Antoine Bibent, architetto. L’équipe italiana era costituita Gaetano Rossellini, Alessandro Ricci (medico e disegnatore), il naturalista Giuseppe Raddi, Gaetano Galastri e Salvador Cherubini, disegnatore.

Il diario si apre con un’introduzione volta a delineare le fasi fondamentali che consentirono a Champollion di arrivare a decifrare i geroglifici. Il suo principale merito fu quello di abbandonare i vari preconcetti e le impostazioni classicistiche e, pensando fuori dagli schemi, riuscì a formulare e verificare la sua teoria: la scrittura geroglifica è contestualmente ideologica e alfabetica. Ma la prova definitiva si sarebbe avuta solo con lo studio su campo. Da qui l’esigenza di recarsi in Egitto, esigenza che si trasformò ben presto in realtà anche grazie a Rossellini.

I capitoli che seguono rivelano le tappe principali del viaggio di Champollion. Ripercorrendole brevemente si inizia con il primo capitolo che introduce il lettore in quelle che furono le primissime tappe del viaggio (18 luglio – 18 agosto 1828). Champollion voleva toccare con mano quello che fino ad allora aveva visto solo attraverso riproduzioni o comunque fuori dal contesto storico e geografico reale.  Solo chi ha impegnato la propria vita per il raggiungimento di un obiettivo che è diventato anche la sua passione può, dunque, capire lo stato d’animo del francese quando finalmente si trovò davanti le prime propaggini della terra d’Egitto. Era finalmente giunto ad Alessandria.

Il capitolo seguente ci descrive la visita della spedizione ad Alessandria, Il Cairo e presso le piramidi (18 agosto – 8 ottobre 1828). Tra visite e doveri diplomatici con varie figure di spicco quali il console Bernardino Drovetti, Champollion ammira le prime rovine della città. Segue poi il trasferimento al Cairo e le esplorazioni a Mit Rahina (Menfi), la visita alla piramide a gradoni di Djoser, la sfinge e le piramidi della piana di Giza.

Il viaggio prosegue con altre due tappe fondamentali: Beni Hasan e Luxor (20 ottobre – 26 novembre 1828). Nella prima località la spedizione vi rimarrà per almeno due settimane ad esaminare le tombe rupestri dei governatori locali ma è soprattutto la seconda a far emozionare Champollion e gli altri studiosi. Lo scrittore ci fa ben capire l’impazienza di Champollion di arrivare finalmente a visitare la Valle dei Re e quando finalmente vi giunge la meraviglia è tale che “dopo mesi di esplorazioni e di dati approssimativi ed inadeguati per uno studio approfondito della civiltà egizia, Champollion vede nei siti dell’antica Tebe una fonte inesauribile de faits historiques”.

È poi il momento della Nubia (26 novembre – 31 dicembre 1828); è la fine di novembre quando la spedizione giunge a Hermontis. Inizia così lo studio dei templi nubiani: Edfu, Kom Ombo, Elefantina e Philae. La spedizione comincia anche a incontrare le prime difficoltà… problemi alle imbarcazioni, problemi di salute per lo stesso Champollion e altre ancora. Nel mese di dicembre c’è la visita al tempio di Abu Simbel, località divenuta ormai nota per la presenza dei due templi fatti costruire da Ramesse II. La spedizione arrivò al punto estremo del viaggio toccando Wadi Halfa, località dove esisteva la seconda cataratta oggi sommersa dal bacino artificiale.

Ha, quindi, inizio la seconda parte del libro in cui l’autore illustrerà l’altra fase della spedizione. Questo sarà il viaggio di ritorno verso casa e sarà dedicato ad uno studio molto più approfondito dei siti toccati durante la prima fase e anche a nuovi scavi. Ad esempio, l’analisi approfondita dei siti di Abu Simbel, Wadi Halfa e Assun occuperà più di un mese (1° gennaio – 8 febbraio 1829). Più tempo richiederà lo studio degli altri templi nubiani e soprattutto dei reperti e delle tombe della Valle dei Re. Solo per citarne alcune, Champollion esplorò la tomba di Sethi I (KV17), Ramesse III (KV11), Ramesse I (KV16), Ramesse V-VI (KV9), Amenhotep III (KV22), ecc… Seguirà poi l’analisi di alcune sepolture della Valle delle Regine e altre tombe tebane (TT). Non mancheranno alcuni approfondimenti ai templi funerari: il Ramesseum, Medinet Habu, il tempio di Sethi I a Qurna, il tempietto tolemaico di Hathor a Deir el-Medina e il Tempio di Karnak a Luxor (9 febbraio -5 settembre 1829)

Dopo aver raccolto una così grande mole di dati, per la spedizione si avvicina la fine del viaggio (15 settembre 1829 – 23 dicembre 1829).

Per Champollion […] l’idea di dover da lì a poco nuovamente immergersi nell’atmosfera invernale parigina lo fa rabbrividire. Si può comprendere tale stato d’animo […], Champollion sa perfettamente che non si può comprendere appieno la civiltà egizia se non la si vive e la si osserva ictu oculi e che lo studio museale e bibliografico dell’antiche rovine ne costituisce solo utile corollario.”

Segue poi la parte del rientro a Tolone e a Parigi (23 dicembre 1829 – 5 marzo 1830). Siamo nel 1830, dopo soli due anni Champollion morirà il 4 marzo 1832. “La scomparsa di Champollion è un colpo durissimo per una scienza egittologica ancora in fieri; mancano ancora significativi apporti atti a chiarire la storia egizia, sebbene dall’esperienza nella Valle del Nilo è piantato quel seme della ricerca che germogliando darà i suoi frutti sulla conoscenza della civiltà egizia.” L’opera di Champollion troverà poi compimento grazie al fratello. Egli consentirà la pubblicazione di autentiche pietre miliari come Grammaire égyptienne (1836) e Dictionnaire égyptien en écriture hiéroglyphique (1841).

Cos’altro aggiungere? Compiere un viaggio assieme al protagonista di un libro non è mai semplice. Soprattutto se il libro in questione deve tener fede alla realtà storica dei fatti che racconta. Rimanere saldamente fedele alla realtà e nel contempo far sì che il lettore rimanga affascinato non è cosa semplice. Eppure, Giacomo Cavillier c’è riuscito, c’è riuscito benissimo, direi. Certo lo scenario in cui si muove il protagonista aiuta tantissimo in questo caso. Tuttavia, la vera chiave di volta sta nell’essere riuscito a fare emergere soprattutto il lato umano di Champollion, meno conosciuto e più nascosto rispetto alla fama di studioso. L’opera, inoltre, si compie appieno grazie alle numerose e utili note esplicative che quasi rappresentano un saggio nel saggio. L’apparato iconografico è assolutamente degno di nota e contribuisce a rendere il libro un’occasione di lettura quasi unica. Insieme poi all’appendice (Regolamento da osservare durante il viaggio) e alla bibliografia non si può che ottenere un consiglio di lettura valido per tutti. Studiosi o semplici appassionati che siano.

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Claudio Lombardelli

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