“L’oro si trova in Egitto come la sabbia sulla strada”. Seppur questa affermazione si è dimostrata negli anni un po’ eccessiva, non vi è dubbio che il popolo del Nilo sapesse estrarre e lavorare l’oro riuscendo a realizzare manufatti e gioielli che costituiscono un vero e autentico tesoro per tutta l’umanità.
L’oro in Egitto
La ricchezza dell’oro nell’Egitto faraonico è leggendaria.
In una lettera urgente, un sovrano mesopotamico di Mitanni chiese al faraone Amenhotep III addirittura una ingente spedizione aurifera, sostenendo che “l’oro si trova in Egitto come la sabbia sulla strada”.
In realtà, si trattava di una probabile esagerazione.
Alcuni studi, pubblicati nel 2001, hanno infatti stabilito che, durante l’intera storia dell’antico Egitto, la quantità di oro prodotta risulterebbe inferiore alla produzione mensile dell’attuale Sudafrica.
Inoltre, gli studiosi hanno ipotizzato che sarebbero stati prodotti un massimo di circa 6000 kg del prezioso elemento in circa 6000 anni!!! Circa il 40% di questo oro è stato prodotto durante il periodo faraonico.
Le principali miniere d’oro del paese si concentravano in Nubia e nel deserto sud-orientale, fra lo Uadi Hammamat e lo Uadi Abad.
Il celebre “Papiro delle miniere d’oro”, risalente al Nuovo Regno e conservato presso il Museo Egizio di Torino, mostra proprio una mappa con l’indicazione delle miniere dello Uadi Hammamat.
La Lavorazione
L’oro era disponibile sia sotto forma di filoni sia nei fiumi, proveniente dalle rocce erose e dilavate dalle acque (forma alluvionale). In quest’ultimo caso, il minerale era estratto per setacciatura o mediante tavole di lavaggio, come avviene ancora oggi e come si faceva sin dal periodo predinastico.
La ricerca e l’estrazione dell’oro prevedeva l’innescarsi di un complesso lavoro che includeva diverse figure: coloro che cercavano i filoni, i minatori, i soldati, gli scribi e i commercianti di materiali preziosi.
Infatti, si ricorda che i minatori erano spesso criminali o prigionieri di guerra le cui condizioni di vita erano estremamente dure, come dimostrano i graffiti lasciati su alcune pareti di roccia.
Inizialmente, l’estrazione dell’oro avveniva a cielo aperto; solo in un secondo momento erano scavate gallerie lunghe centinaia di metri, con pozzi profondi anche più di cento metri.
Le tecniche di lavorazione dell’oro maggiormente diffuse nell’antico Egitto comprendevano la granulazione, la fusione, la laminazione, la filigrana, lo stampaggio e la cesellatura. La conoscenza di queste tecniche è giunta fino a noi dalle scene di lavorazione e trasformazione del prezioso minerale osservabili nella tomba appartenente al Visir Rekhmiré (TT100), vissuto all’epoca di Thutmosi III.
In breve, sembra che il metallo fosse prima pesato e poi fuso in crogioli che operavano tramite mantici azionati con i piedi o direttamente con appositi cannelli portati alla bocca. L’oro era, poi, versato in stampi oppure laminato per essere successivamente lavorato con ceselli appuntiti in bronzo o selce.
Lo sfruttamento delle miniere era appannaggio del re, ma dalla XVIII dinastia (regno di Amenofi III), l’egida passò al profeta del dio Amon di Tebe.
L’Argento e le altre pietre preziose
Altro metallo prezioso nell’antico Egitto era l’argento. In origine doveva provenire dalla Libia e dalla regione medio-orientale. Tuttavia, da alcuni graffiti è emerso che esistevano degli addetti alla ricerca di miniere d’argento e, quindi, probabilmente vi erano anche delle produzioni locali.
In Egitto si utilizzavano anche pietre preziose che, secondo il popolo del Nilo, avevano anche proprietà magiche. Molto diffuse erano l’agata, la cornalina (funzioni protettive), il turchese (oltre a essere collegato alla dea Hathor era simbolo di vitalità e di gioia) e i lapislazzuli. Altre pietre erano il diaspro rosso, (proteggeva dai nemici), il feldspato verde (legato all’idea di resurrezione), il calcedonio, l’alabastro, la malachite, il cristallo di rocca e l’ossidiana.
Da annoverare anche l’uso della faience e dello smeraldo.
I giacimenti più antichi di quest’ultimo erano attivi già nel 3.500 a.C. ed erano situati nell’Alto Egitto a sud di Kosseir, vicino alla costa del Mar Rosso. Erano anche noti come “le Miniere di Cleopatra” perché la Sovrana ne era particolarmente attratta.
Dall’oro ai gioielli
Parallelamente allo sviluppo dell’arte orafa, andò affermandosi una categoria di artigiani che avrebbe avuto molto successo.
Quella degli orafi e dei gioiellieri. Il protettore degli orefici era il dio Ptah, spesso raffigurato come un nano.
Per questo, Christine Ziegler riporta che il periodo di maggior splendore dell’oreficeria egizia è il Medio Regno, ma sicuramente i gioielli più noti sono quelli rinvenuti nella tomba di Tutankhamon, il cui sarcofago era fatto con 110 kg di oro massiccio!
Nell’antico Egitto, gli orafi e i creatori di gioielli non avevano un luogo di lavoro proprio, ma operavano alla corte del sovrano ed erano scelti personalmente dal Faraone. I metallurghi egizi, fin dalle prime Dinastie, non solo sapevano adoperare i metalli in purezza ma erano in grado di creare leghe di oro-argento (elettro), oro-rame, oro-arsenico e bronzo-stagno.
I gioielli avevano una grande rilevanza e perciò erano indossati da uomini e da donne di ogni estrazione sociale, così come dai bambini.
Le ragioni sono riconducibili sia all’estetica ma soprattutto alla religione.
Infatti, ogni gioiello diventava simbolo del divino stesso e gli antichi Egizi gli attribuivano un grande valore di protezione. Si pensava infatti che i gioielli fossero potenti amuleti capaci di difendere l’uomo da numerose minacce come calamità, malattie e animali feroci.
Per questo venivano spesso indossati all’altezza degli organi vitali o dei punti più vulnerabili.
Gioielli e Preziosi
I gioielli più diffusi erano:
Pettorali: riccamente lavorati e con una forte simbologia. Anche se maggiormente diffusi durante il Medio Regno, questi ornamenti erano diffusi fin dalla III dinastia. Originariamente realizzati con materiale semplice, nelle epoche successive assunsero forma di tempio ed avevano al loro interno raffigurazioni delle varie divinità. Potevano essere realizzati in oro e arricchiti in pietre preziose. Se ne riportano solo alcuni a titolo di esempio nella galleria qui sotto.
Collane: in oro con motivi geometrici o zoomorfi, erano costituiti da decorazioni a piccoli cilindri ornati spesso da due teste di aquila alle estremità (collari circolari). Se ne riportano solo alcuni a titolo di esempio nella galleria qui sotto.
Bracciali: in genere in oro e indossati a coppie nella parte superiore delle braccia. Se ne riportano solo alcuni a titolo di esempio nella galleria qui sotto.
Orecchini a cerchio: rigorosamente d’oro.
Diademi e ornamenti per il corpo da indossare su vestiti o parrucche.
Amuleti. Sebbene non strettamente gioielli, erano piccoli oggetti portati o indossati per proteggere chi li indossava da eventuali danni, preservarne la salute o portare fortuna. Scarabei, Ankh, l’occhio di Horus, il fiore di Loto, cartigli e urei sono solo alcuni degli esempi più noti e diffusi.
Le Maschere
Discorso a parte va fatto riguardo alle maschere funerarie, autentici capolavori dell’arte orafa egizia.
Infatti, pur differendo da una classe sociale all’altra, esse sono sempre state un elemento imprescindibile del corredo funerario. In aggiunta, la loro funzione era quella di rappresentare il volto del defunto come lasciapassare per l’aldilà.
Infatti, affinché il corpo potesse viaggiare nell’oltretomba, era necessario che rimanesse integro. Da qui, il ricorso alla mummificazione che però comportava il ricorso alle bende che coprivano i volti.
Di conseguenza, c’era il rischio che i defunti non fossero riconosciuti dai giudici dell’aldilà, per questo nacquero le maschere funerarie.
Il colore dorato della maschera era dovuto alla concezione che gli antichi egizi avevano delle divinità: le immaginavano con carni d’oro e capelli di lapislazzuli.
Già nel 4000 a.C., in una tomba appartenente a membri dell’élite, furono ritrovate delle maschere in ceramica, che riproducevano un volto umano. Se ne riportano solo alcuni a titolo di esempio nella galleria qui sotto.
Foto 2: Maschera funeraria di Psusennes I (seconda metà dell’XI secolo a.C. conservata al Cairo, Museo egizio.) è considerata un capolavoro delle maestranze egizie perché realizzata con linee pure ed essenziali. Il manufatto misura 48 cm per 38 cm ed è realizzata in oro, lapislazzuli e pasta vitrea. La maschera del Faraone è strutturalmente simile a quella di Tutankhamon anche se meno ricca e più essenziale. Al suo interno non vi sono iscrizioni e gli inserti di pasta vitrea e lapislazzuli sono riservati solamente agli occhi. Il Nemes, il copricapo tipico dei faraoni, è privo di colori e gli intrecci della barba e dell’ureo sono essenzialmente dorati.
Foto 3: Maschera funeraria di Tuya (XVIII dinastia), moglie di Yuya e madre della regina Tiye nonché nonna del Faraone Akhenaton. La sua maschera è in mostra al Museo Egizio del Cairo. È realizzata con cartonnage dorato e decorato attraverso il suo copricapo Nemes e pettorali con paste vitree, foglia d’oro e alabastro.
Foto 4: Celebre maschera di Tutankhamon che rappresenta il top della tecnologia nella produzione di maschere funerarie. È esposto al Museo Egizio del Cairo. Ha una massa complessiva di 10 kg e un’altezza di 0,54 m. È costituita principalmente da oro intarsiato con pietre semipreziose e pasta vitrea colorata. Gli occhi sono prodotti con ossidiana e quarzo. L’artista ha mostrato il Faraone con la barba lunga e indossa il suo copricapo Nemes con cobra e avvoltoio sul davanti, ampio pettorale e tiene in mano i simboli del bastone e del flagello
Per altre curiosità sulla lavorazione dell’oro e su alcuni gioielli particolari, andate alla Raccolta Bibliografica, nella sezione Oro nella Terra d’Egitto, scritta per l’occasione.
Fonti
- www.archeofriuli.it/
- www.orafoitaliano.it
- Gold of the Pharaohs – 6000 years of gold mining in Egypt and Nubia
- Hassaan, G., “mechanical engineering in ancient Egypt, Part II – Part VIII
- Ziegler Christiane. L’or des pharaons 2500 ans d’orfevrerie dans l’egypte ancienne (Monaco, grimaldi Forum, 7 juillet – 9 septembre 2018)
Claudio Lombardelli