Analisi non invasive su balsami di mummificazione: il profumo dell’eternità

Il 31 agosto 2023 è stato pubblicato, sulla rivista Scientific Reports, uno studio condotto da un gruppo di ricercatori su dei balsami usati durante la mummificazione. Le analisi non invasive, condotte sui reperti ritrovati in una tomba nel 1900, hanno contribuito a chiarire la chimica dei balsami dell’antico Egitto.

Vaso canopo di Senetnay. Fonte: Huber, B., Hammann, S., Loeben, C. E., Jha, D. K., Vassão, D. G., Larsen, T., … & Boivin, N. (2023). Biomolecular characterization of 3500-year-old ancient Egyptian mummification balms from the Valley of the Kings. Scientific reports, 13(1), 12477.

Negli ultimi anni diverse sono state le analisi non invasive condotte dagli studiosi, archeologi in sinergia con scienziati, che hanno contribuito a chiarire numerosi aspetti della vita quotidiana degli antichi Egizi.

Ultima, in ordine di tempo, è quella pubblicata sulla rivista Scientific Reports il 31 agosto 2023.

Un gruppo di ricercatori, guidati dalla dott.ssa Barbara Huber ricercatrice di dottorato presso l’Istituto Max Planck di geoantropologia in Germania, ha eseguito tecniche di gascromatografia e spettrometria di massa su sei campioni di balsami utilizzati durante la mummificazione.

Questo processo consisteva non solo nella rimozione degli organi interni e nel bendaggio della salma. Gli imbalsamatori, infatti, cospargevano il corpo del defunto con balsami profumati.

Spesso, un simile procedimento veniva riservato anche alle viscere che venivano poi conservate nei vasi canopi.

Nel 1900, un “certo” H.Carter eseguì degli scavi all’interno della KV42, tomba scoperta l’anno prima da Victor Loret.

Dallo studio del deposito di fondazione è stato possibile assegnare la struttura alla regina Hatshepsut-Meryet-Ra, moglie di Thutmose III.

Alcuni reperti rinvenuti all’interno, però, dimostrarono che la struttura venne riutilizzata successivamente da Sennefer, sindaco di Tebe durante il regno di Amenhotep II, come tomba per la propria consorte Senetnay.

Vissuta intorno al 1.450 a.C. fu la balia del Faraone Amenhotep II, figlio ed erede del Faraone Thutmose III.

Secondo gli archeologi Senetnay divenne un membro stimato dell’entourage del Faraone.

Tra i reperti ritrovati nella tomba figuravano anche i due vasi canopi contenenti fegato e polmoni che i ricercatori utilizzeranno per le analisi.

Il contenuto è scomparso da tempo, ma gli studiosi sono stati in grado di raschiare il loro interno per studiare i residui lasciati dai balsami e ciò che si era infiltrato nel calcare poroso.

Le analisi hanno rivelato una composizione simile dei balsami.

E fin qui, considerata l’unicità del processo di mummificazione, niente di strano.

Tuttavia, erano “simili”, non identici!

Oli e grassi, con cera d’api e bitume, mescolati con resine di conifere, sembrano costituire la base dei balsami individuati in entrambi i vasi.

Questi erano poi arricchiti da altri ingredienti. Tra gli altri, i ricercatori hanno identificato una sostanza chiamata cumarina, che si trova nelle piante di piselli e nella cannella e l’acido benzoico, contenuto in fonti vegetali come i chiodi di garofano e la cannella.

Tuttavia, le analisi hanno rilevato che il balsamo del vaso canopo contenente i polmoni di Senetnay includeva un’ulteriore resina (probabilmente di dammar) assente in quello contenente il fegato.

Ovviamente, le differenze nella composizione chimica dei balsami potrebbero suggerire che questi ultimi fossero organo-specifici.

Non solo.

Gli ingredienti per l’imbalsamazione trovati nei balsami di Senetnay sono tra i più elaborati e diversificati mai identificati, rivelando la cura meticolosa e la raffinatezza con cui i balsami sono stati creati”, ha detto la dott.ssa Barbara Huber. “La presenza di una così vasta gamma di ingredienti, tra cui sostanze esotiche come la dammar o la resina dell’albero di pistacia, indica che per la sua imbalsamazione sono stati utilizzati materiali estremamente rari e costosi”.

Sottolineando così l’eccezionale status che la donna aveva in società.

La presenza poi di particolari ingredienti come la dammar (resina esclusiva delle foreste tropicali del sud-est asiatico) o la resina di larice (proveniente dal Mediterraneo settentrionale e dall’Europa centrale) sottolineano la vasta portata delle rotte commerciali egizie durante la metà del II millennio a.C.

Lo studio della dott.ssa Huber e colleghi, tuttavia, non si è concluso qui.

Infatti, dopo aver identificato gli ingredienti, gli scienziati hanno collaborato con Carole Calvez, creatrice di profumi francese, e con la museologa sensoriale Sofia Collette Ehrich per ricreare il profumo del balsamo.

Il “profumo dell’eternità”.

Il profumo fornisce una connessione unica e viscerale con il passato,
invocando una sorta di viaggio nel tempo che è intimo ed evocativo. […]
Reintroducendo questo antico aroma,
miriamo a colmare il divario tra allora e oggi,
consentendo ai visitatori di ‘respirare’ davvero un frammento di antichità
Barbara Huber

Per leggere l’articolo originale, potete andare alla Raccolta Bibliografica nella sezione “La Chimica nel Processo di Mummificazione“, aggiornata per l’occasione.


Fonti

Elena Cappannella

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