Ricostruire i volti delle mummie dal loro DNA?

Ebbene sì, sembra sia possibile. In un comunicato pubblicato lo scorso 14 settembre l’azienda americana “Parabon NanoLabs” ha dichiarato di aver ricostruito i volti di tre mummie egizie utilizzando il loro DNA. Attraverso un’innovativa tecnica chiamata “fenotipizzazione forense”.

I volti dei tre egizi vissuti più di 2000 anni fa ricostruiti utilizzando dati genetici estratti dai loro resti mummificati.
Fonte: www.dailymail.co.uk

Lavorare con il DNA umano antico può essere molto difficile.

Da un lato l’evidente difficoltà di estrazione su mummie di migliaia di anni e dall’altra le particolari condizioni ambientali dell’Egitto, fanno sì che la maggior parte dei campioni estratti siano composti da materiale genetico degradato.

I recenti progressi della moderna tecnologia genetica hanno permesso agli studiosi di poter ottenere importanti informazioni dagli antichi resti mummificati.

Come dimenticare, per esempio, le conosciutissime analisi del DNA condotte sulla mummia del Faraone Tutankhamon?

Nel 2017 gli scienziati dell’Istituto Max Planck a Tubinga, in Germania, sequenziarono il DNA di tre mummie provenienti da Abusir el-Meleq, un’antica città egiziana su una pianura alluvionale a sud del Cairo.

Fu la prima ricostruzione riuscita del genoma di una mummia egiziana, vissuta più di 2000 anni fa.

Oggi, i ricercatori della Parabon NanoLabs, una società di tecnologia del DNA con sede nello stato americano della Virginia, hanno utilizzato questi dati genetici per creare modelli 3D dei volti delle mummie.

Come?

Attraverso la fenotipizzazione forense del DNA, tecnica chiamata Snapshot, che utilizza l’analisi genetica per prevedere il colore della pelle e le caratteristiche del viso.

Questo test può dire, ad esempio, se una persona ha gli occhi verdi, blu o marroni.

E’ stata addirittura utilizzata per ottenere indizi in casi criminali irrisolti: dei circa 175 “cold case” che i ricercatori della Parabon hanno aiutato a risolvere usando la genealogia genetica, finora 9 sono stati analizzati utilizzando le tecniche di questo studio.

Nella nota condivisa dall’azienda si evince come questa è la prima volta che la fenotipizzazione completa è stata eseguita su un DNA umano così antico.

Il direttore della bioinformatica di Parabon NanoLabs, Ellen Greytak, ritiene che per questa analisi basta analizzare anche solo piccoli punti nel genoma.

Questo perché una buona parte del DNA è condivisa tra tutti gli esseri umani; sono proprio questi i punti, noti come polimorfismi a singolo nucleotide (SNP), che generano le differenze tra le persone.

Gli studiosi hanno scoperto che i tre egizi avevano la pelle marrone chiaro con occhi e capelli scuri.

Nel complesso poi il loro corredo genetico era più vicino a quello degli individui moderni nel Mediterraneo o nel Medio Oriente rispetto a quello degli odierni egiziani.

I ricercatori hanno anche calcolato mappe di calore per evidenziare le differenze tra gli individui e perfezionare i dettagli di ciascun volto.

Mappe di calore per evidenziare le differenze in modo da poter perfezionare i dettagli di ogni individuo.
Fonte: www.dailymail.co.uk

Proprio come nel caso delle indagini forense, lo Snapshot sta rivoluzionando l’analisi del DNA antico perché riesce ad operare sui frammenti di materiale genetico con un altissimo grado di sensibilità.

Il trascorrere degli anni porta con sé un sempre maggiore sviluppo nelle analisi di tecnologia genetica e questo potrebbe aprire la porta a ulteriori studi diretti sui resti mummificati.

Studi che ogni appassionato di Egittologia non vede l’ora di leggere!

Fonti

Elena Cappannella

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