Il fotografo che catturava l’anima delle cose

E’ considerato il miglior fotografo archeologico degli anni ’20, nonostante spesso il suo meraviglioso lavoro non sia stato riconosciuto. Oltre quattordicimila immagini lasciate in eredità. E’ Harry Burton, colui che ha mostrato al mondo uno degli avvenimenti più importanti del secolo scorso: la scoperta della tomba di Tutankhamon.

Harry Burton.
Fonte: www.wikiwand.com

Esistono incontri e date nella vita di ognuno di noi che hanno il potere di cambiare il nostro futuro.

Per Harry Burton il primo è, probabilmente, quello con lo storico dell’arte Robert Cust, mentre la data…

Beh, quella è sicuramente il 4 novembre 1922, che ogni appassionato di Egittologia conosce.

Ma andiamo con ordine.

Harry Burton nacque in Inghilterra, nel Lincolnshire, il 13 settembre del 1879 dall’operaio ebanista William Burton e da Ann Hufton.

Durante la sua adolescenza inizia a lavorare per Robert Henry Hubart Cust, uno studioso d’arte rinascimentale italiana.

Per questo decise di trasferirsi in Italia, a Firenze, portando con sé il giovane Burton, in qualità di suo segretario.

Fu proprio nella capitale del Rinascimento italiano che il ragazzo si affermò come fotografo d’arte ed incontrò qualcuno che avrebbe rivoluzionato la sua vita: Theodore M. Davis, ricco avvocato americano, che aveva una concessione per scavare in Egitto e, precisamente, nella Valle dei Re.

Quando nel 1910 Cust tornò in Inghilterra, Burton decise invece di andare in Egitto con Davis, che lo assunse come fotografo per registrare scavi e reperti.

In poco tempo, divenne il miglior fotografo archeologico dei suoi tempi.

Ne supervisionò tanti di scavi e contribuì anche allo sgombero di diverse tombe, come la KV3 (forse quella di un figlio di Ramses III), la KV47 (tomba del Faraone Siptah, figlio di Seti I) nel 1912 e la KV7 (sepoltura di Ramses II) tra il 1913 e il 1914.

Quando nel 1914 Davis rinunciò al permesso di scavi (convinto che nella Valle non ci fosse più nulla da trovare), la concessione venne acquistata dal Lord inglese Carnarvon, mentre Burton divenne il fotografo ufficiale del Metropolitan Museum of Art (MET).

Collaborando a stretto contatto con Herbert Winlock, che conduceva diversi scavi in Egitto.

Trascorsero così diversi anni in cui le meravigliose foto del fotografo inglese apparsero spesso sul Bullettin of Metropolitan Museum of Art.

A volte, purtroppo, non accreditate.

Il 1922, però, fu l’anno che porterà una svolta nella vita di Harry Burton.

E non solo.

Infatti, il 4 novembre del 1922 Howard Carter e il suo finanziatore Carnarvon effettuarono la scoperta che stravolgerà il mondo dell’archeologia: la tomba intatta del Faraone Tutankhamon (KV62).

I reperti accatastati all’apertura della KV62.
Reproduced with permission of the Griffith Institute, University of Oxford

Proprio nella Valle dei Re.

Quando l’archeologo inglese vide i reperti nella sepoltura si rese subito conto che: “La prima cosa urgente da fare era la documentazione fotografica, dato che non si poteva toccare nulla finché ogni oggetto non fosse stato fotografato, un compito che richiedeva capacità tecniche di prim’ordine. […] Nella mia risposta gli chiesi con una certa cautela se sarebbe stato possibile-in ogni caso per le necessità immediate-avere l’assistenza di Harry Burton, loro esperto fotografico.” (H. Carter, “La scoperta della tomba di Tutankhamon, I Classici dell’Avventura di National Geographic, Ed. White Star, 2005)

Fu così che la vita del fotografo inglese si intrecciò con il Faraone più misterioso della storia d’Egitto.

Scattò, in circa dieci anni, oltre tremilaquattrocento foto, alcune ora conservate al MET, altre al Griffith Institute dell’Università di Oxford.

Sul numero del 21 febbraio 1923 del The Times vennero pubblicate ben 142 immagini.

Per il suo meraviglioso lavoro Burton utilizzò lastre di vetro che gli hanno permesso di ottenere delle immagini di altissima qualità.

Per l’illuminazione, inoltre, oltre a quella elettrica portata all’interno della tomba, il fotografo utilizzò un ingegnoso sistema di specchi, sfruttando una tecnica tra l’altro già usata nell’antico Egitto.

Come camera oscura, il fotografo inglese utilizzò una tomba lì vicina, precedentemente ripulita: la KV55.

Questa scoperta detiene inoltre il record dell’innovazione.

Oltre ad essere la prima in cui è stato applicato un vero e proprio metodo scientifico durante lo sgombero, è anche la prima nella quale sono state effettuate delle riprese.

Infatti Burton imparò addirittura ad utilizzare una cinepresa, prestata dalla Samuel Goldwyn Productions e la usò per registrare l’apertura del sarcofago, nonché per mostrare alcuni oggetti mentre venivano rimossi dalla tomba.

Ha altresì prodotto alcuni dei primi documentari sulla vita nella Valle del Nilo.

Le sue lastre fotografiche sono considerate, ancora oggi, le migliori fotografie archeologiche mai realizzate.

In effetti, ben oltre dall’essere aridi documenti scientifici, le sue immagini trasmettono tutta l’atmosfera di una tomba chiusa da più di 3 millenni: dalle statue ai loro dettagli, da bastoni, amuleti e sandali, fino alle splendide offerte floreali lasciate per il Faraone defunto.

Insieme al lavoro alla tomba di Tutankhamon, Burton continuò ovviamente la sua collaborazione con il Metropolitan Museum of Art, che aveva un’altra concessione a Deir el-Bahari.

Quando i lavori alla KV62 terminarono, Harry Burton e Howard Carter rimasero in ottimi rapporti, al punto che l’archeologo inglese lo nominò addirittura come suo esecutore testamentario.

Dal 1931 al 1934 Burton continuò a lavorare sempre per il MET a El-Lisht, a 60 Km da Il Cairo.

Quando il Museo cessò i principali scavi, il fotografo rimase in Egitto, continuando a registrare monumenti e manufatti.

Fino al 27 giugno 1940, giorno della sua morte all’età di 60 anni.

E’ sepolto ad Asyut, in Egitto, nel cimitero americano.

Nel 2015, in occasione della mostra “Discovery of King Tutankhamon” a New York, lo studio fotografico Dynamichrome processò digitalmente una trentina delle iconiche foto di Harry Burton.

Il risultato fu incredibile, perché permise al mondo intero di ammirare la scoperta per la prima volta a colori!

Non togliendo nulla del fascino delle fotografie originali.

Anzi, rendendo ancora più evidente l’estrema modernità degli scatti, che ricordano più fotografie degli anni ’70, piuttosto che dei primi del ‘900.

Le meravigliose fotografie che Harry Burton scattò nella tomba del Faraone Tutankhamon permisero non solo di far conoscere a tutto il mondo un nuovo Faraone d’Egitto, ma il fascino di un’intera civiltà.

Quella egizia, appunto.

Contribuendo anche a far crescere e diffondere uno dei movimenti più importanti del 1900: l’Egittomania.

Alcune delle splendide foto di Harry Burton

Fonti

Personalità

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Elena Cappannella

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