Serapeum: tutto quello che avreste voluto sapere…

“Il Serapeum di Saqqara ha restituito alla luce una quantità incredibile di reperti; solo in quest’area della necropoli sono stati rinvenuti circa settemila oggetti fra stele, statue a grandezza naturale di divinità e animali, amuleti e statuette votive, ushabty, vasi canopi, sfingi. La quantità di stele, da sola, è impressionante: milleduecento lastre di pietra calcarea, incise e decorate.”

Copertina del libro.
Fonte: libreriauniversitaria.it

Il Serapeum di Saqqara – storia, archeologia, falsi enigmi” è un interessante saggio storico che si legge quasi d’un fiato. Le nozioni storiche, le descrizioni e gli aneddoti sono narrati in modo agile e veloce. Le fotografie e le note a margine creano un quadro davvero completo sull’argomento. L’autrice ha saputo scrivere in modo semplice e preciso rivolgendosi, dunque, ad una vasta platea. Michela Tozzi, classe 1972, toscana, laureata il Lettere a indirizzo Orientalistico e grande appassionata di egittologia, pubblica grazie alla casa editrice FormaMentis, questa sua prima opera nel 2022. E se queste sono le premesse, speriamo che ce ne siano molte altre.

Da sottolineare anche la prefazione, già di per sé molto interessante. E non potrebbe essere altrimenti. La penna è quella di Pasquale Barile, egittologo e scrittore è, tra le altre cose, curatore e responsabile scientifico della mostra “Tutankhamon, Viaggio verso l’eternità”. Il pensiero che egli esprime in poche pagine è crudo e diretto ma senza dubbio degno di nota e assolutamente condivisibile. “Purtroppo c’è chi scambia vere e proprie fantasie per verità assolute, nascoste e taciute volontariamente alla popolazione mondiale; e da chi? Dagli egittologi, ovviamente! Una casta inavvicinabile, una congregazione segreta che nasconderebbe, non si sa poi per quale motivo, verità inenarrabili che riguardano la civiltà dei faraoni”. È uno dei passi più significativi della sua prefazione.

 Ma torniamo al saggio. L’autrice ci conduce quasi per mano verso il tema centrale della sua opera, il Serapeum di Saqqara per l’appunto. Prima, però, ci presenta diverse aree tematiche che aiutano i lettori a capire e a conoscere meglio alcuni aspetti di questa stupefacente opera costruita dall’antico popolo del Nilo. Dopo l’agile introduzione, il primo capitolo è dedicato alle mummie animali. Da quelle degli animali domestici, fedeli compagni dei faraoni e non solo, caratterizzati dal proprio sarcofago e il cui esempio più noto è quello della gatta del principe Thutmose, passando per le offerte votive e alle mummie sacre, manifestazione del divino. Queste sono le più interessanti ai fini della narrazione di questo saggio.

Il capitolo 2 è dedicato a colui che scoprì il Serapeum: François Auguste Mariette. La figura di questo maestro dell’egittologia è l’esempio perfetto di “persone che in un momento determinato della loro vita si sono ritrovate e riconosciute in un impegno che le ha rapite, senza preavviso, e che ne ha completamente scombussolato l’esistenza e il destino; e questo impegno non le ha mai abbandonate […] e le ha accompagnate fino al giorno della loro morte.

Il terzo capitolo ci parla del “principe archeologo” Khaemwaset, figlio di Ramses II, e ideatore del primo nucleo del Serapeum. Ci addentriamo sempre di più verso il nucleo centrale dell’opera e, quindi, il capitolo 4 è dedicato al toro Api, araldo del dio Ptah. L’autrice ci descrive il significato mistico di questo animale, la sua ricerca e la sua venerazione da parte dei sacerdoti e tutto ciò che c’è da conoscere sul suo mito. La venerazione del dio Ptah è una delle più antiche e radicate nell’antica società egizia e, per questo, non deve sorprendere se il suo rappresentante sulla terra fosse trattato alla stregua di un faraone.

Il quinto capitolo è quello che descrive le catacombe. Partendo dal Viale delle Sfingi e arrivando all’Emiciclo dei Filosofi e degli Scrittori si può giungere al dromos che consente a sua volta di arrivare all’entrata vera e propria del Serapeum. Si tratta di un monumento che si snoda attraverso vari periodi della storia egizia. Le “Sepolture individuali” sono le più antiche risalendo alle dinastie XVIII-XIX. Otto catacombe ipogee con caratteristiche uniche, come il tempietto sopraelevato. Le “Piccole Gallerie” rappresentano le catacombe dell’età Ramesside. Sono le tombe volute e realizzate dal principe Khaemwaset. Si tratta, quindi, della parte originale e più antica del Serapeum vero e proprio. Essendo questa parte la meno stabile dell’intera struttura è stata da sempre la meno studiata. Molte curiosità e misteri rimangono perciò celate al suo interno. Le “Grandi Gallerie” sono, invece, le più recenti (Dinastia XXVII – periodo tolemaico) e quelle che ospitano i sarcofagi più monumentali.

Il capitolo 6 è, infine dedicato dall’autrice a sgomberare ogni futile dubbio o fake news relativo al Serapeum, e vale la pena leggerlo con attenzione per rifletterci su.

Il saggio si chiude poi con tre appendici relative al prospetto cronologico dei tori Api, alla cronologia egizia e ad alcune curiosità. Queste ultimi sono delle vere e proprie chicche da non perdere.

Che altro aggiungere? Buona lettura.

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Claudio Lombardelli

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